Mi guardo attorno e tutto muta e cambia con una velocità e un'asprezza ai limiti dell'assurdo. E non posso oppormi a questo fiume in piena, a questo Tsunami.
In tutto ciò non scorgo più la mia cara coerenza. No, non è una religione o una filosofia a negarmi la validità etico-morale della "coerenza" tanto amata: è l'esperienza sensibile che me lo insegna, che me lo impone.
Tutto è un incoerente e strambo flusso di cambiamenti ritorni abbandoni e ammucchiate la cui ratio è lungi dall'essere compresa.
Forse è necessaria una mente effettivamente non umana per giustificare e sublimare tutto questo strambo procedere dell'universo che ci circonda.
Ma io intanto non sento l'esigenza di adeguarmi, e guardo con nostalgia a quello che è stato quel lontano pomeriggio di febbraio e che mai sarà più. A quel che eravamo noi, tutti noi, e che mai più saremo.
Non confido nel mito dell'eterno progresso. Ma spero tanto nel mio caro codardo Ritorno.
1 commento:
"Accettare ciò che non si può cambiare"
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